La fotografia nei videogiochi - speciale

Life Is Strange - chitarra e foto

I videogiochi e la fotografia alla luce di galassie interattive fatte di materia artistica.

La fotografia è ovunque, oggi molto più presente nel quotidiano di quanto in passato si potesse immaginare. Grazie alla diffusione sempre maggiore delle fotocamere negli smartphone, tutti, proprio tutti possono diventare novelli fotografi. La produzione di materiale fotografico ha assunto negli ultimi anni proporzioni abnormi ed è diventata parte integrante delle nostre vite social/i. Idem per tutto materiale video: amatoriale, professionale, televisivo e cinematografico. Ma del resto anche un filmato è una serie di fotografie che, viste in sequenza ad alta velocità, danno l'illusione del movimento.

Il digitale, spianando la strada a un nuovo modo di intendere la fotografia, ha sopraffatto gli apparati meccanici e chimici del medium mandando in pensione i negativi e le stampe di carta ed emancipando i file fotografici, dai più comuni jpg compressi delle fotocamere compatte, ai Raw delle macchine professionali. Indipendentemente dal formato usato, oggi quasi tutte le fotografie sono contaminate dal digitale ed è quasi impossibile non collegarle direttamente all'utilizzo di qualsivoglia tipo di software di elaborazione e fotoritocco.

Il declino dell'analogico a favore del digitale

Connessioni tra fotografia e videogiochi

La fotografia è presente anche nei videogiochi e con i progressi della tecnologia intorno al gaming è diventata una forma espressiva sempre più duttile e potente, come vi abbiamo già mostrato nello speciale su Nvidia Ansel. A differenza del cinema e della TV, però, i giochi non sono "fatti" di fotografie, tutt'altro: la fotografia può essere utilizzata all'interno del mondo virtuale come uno strumento. E non soltanto.

Perché i videogiochi, come al solito, hanno infranto le barriere del fruibile comune assorbendo tecnica e tecnologia moderna e integrandole nel proprio gameplay: celebri gli esempi di precursori come Pokémon Snap, capolavori come Beyond Good and Evil e Bioshock, serie come Project Zero e avventure grafiche come Life is Strange.

In quest'ultimo gioco, come avevamo già parlato nel capitolo del nostro teaser dedicato alla fotografia, le connessioni fra i due medium sono molto forti. L'avventura, non soltanto consente di utilizzare la macchina fotografica (intesa come strumento tecnico) all'interno del gioco, ma è interamente ambientata in una scuola d'arte e sostenuta dalla fotografia (intesa come medium) nella sua narrazione e nelle sue dinamiche interattive, sia attraverso l'esplorazione delle sue possibilità espressive che alle sue funzioni sociali e aggregative nel mondo moderno.

Pokémon Snap Pokémon Snap

Bioshock la Research Camera di Bioshock

Project Zero Project Zero

Beyond Good and Evil Beyond Good and Evil

Screenshot: scattare senza la luce

Arte, oltre che capacità tecnica, significa anche e soprattutto espressione della creatività umana. I videogiochi sono la metamorfosi virtuale di tutto ciò che può essere prodotto dall'ingegno e dalla fantasia dell'uomo; sono la sostanza digitale con la quale prendono forma scenari, popolazioni, mondi e talvolta interi universi, dinamici, pulsanti... vivi. L'interattività ci consente di esplorarli come faremmo nel mondo reale, oppure come non potremmo mai fare, catapultandoci in scenari assurdi e inconsistenti e trascendendo ogni regola conosciuta della fisica.

Le fotocamere e le cineprese possono catturare il mondo fisico ma devono rivolgersi inevitabilmente all'elaborazione digitale e alla computer grafica per dare vita a mondi incredibili. Lo "svantaggio" più visibile della fotografia tradizionale e del cinema rispetto ai videogiochi è proprio questo.

I videogiochi, infatti, consistono totalmente è irrinunciabilmente all'interno del digitale, perché il digitale è la materia prima nella quale i videogiochi sono scolpiti. Essi hanno consentito per la prima volta nella storia, non soltanto di sentire e osservare l'arte, ma di manipolarla interagendo direttamente con essa e facendo diventare l'utente parte integrante dell'esperienza artistica e comunicativa.

Esperienza o intrattenimento?

I videogiochi vengono spesso considerati meri strumenti di intrattenimento ma non è così: sono innazitutto esperienziali. E se è vero che molti si affannano egocentricamente a scattare istantanee di Trofei e Obiettivi conquistati o record e punteggi raggiunti, altri si dilettano a scattare immagini del mondo di gioco, cercando inquadrature particolari, provando a rubare primi piani o a documentare effetti visivi peculiari, texture attraenti oppure oggetti e dettagli degli scenari, alla ricerca di particolari che non tutti colgono e che certi giochi artisticamente sopraffini, riescono ad offrire.

Pionieri come Duncan Harris, James Pollock, e Leonardo Sang, ne hanno fatto una disciplina se non un vero e proprio lavoro.

Le possibilità sono vastissime: possiamo catturare scenari meravigliosi, architetture impossibili, mondi urbani moderni, passati o apocalittici. O ancora personaggi strambi e deformati, alieni, eroi, supereroi, cattivi o mostri orripilanti.

James Pollock su Anal Wake Scatto di James Pollock tratto da Alan Wake

Leonardo Sang su Dark Souls Scatto di Leonardo Sang tratto da Dark Souls

Duncan Harris su Mirror's Edge Catalyst Scatto di Duncan Harris tratto da Mirror's Edge Catalyst

Vedere il mondo attraverso una lente

Errando nel considerare la fotografia solo tecnica e non soprattutto espressione, alcuni affermano che la moderna fotografia sia diventata un fenomeno kitsch, sottoprodotto della pop-culture più miserabile. Talvolta si dà la colpa all'assistenza tecnica che circonda il mondo delle fotografie, troppo corrotte da miriadi di filtri e correzioni digitali dozzinali.

I videogiochi non soltanto sono pieni di filtri e tecniche artificiali, ma anche totalmente privi di ciò che rappresenta l'essenza stessa della fotografia tradizionale: la luce. La luce non esiste nel virtuale, esistono codici che simulano gli effetti che essa dovrebbe generare, talvolta così bene che il risultato è del tutto simile a quello di una visione attraverso l'obiettivo fotografico con tanto di vari e variegati effetti ottici (lens flare, motion blur).

Se pensiamo alla visuale in prima persona di molti titoli, essi, piuttosto che simulare la luce come apparrebbe vista da un occhio umano, si preoccupano di ricreare una serie di effetti e difetti propri della visione fotografica e cinematografica, mostrandoci intenzionalmente gli scorci di quel mondi digitali come fossero filtrati da una lente immaginaria. Uno dei tanti punti in comune dei videogiochi con la fotografia e il cinema.

La dimostrazione che, a furia di guardare il mondo attraverso schermi e obiettivi, abbiamo talmente interiorizzato la visione fotografica e filmica del mondo da considerarla naturale.

Effetto lens flare in Battlefield 3 Effetto lens flare in Battlefield 3 nella visuale in prima persona

I videogiochi consentono di riscrivere del tutto il modo in cui funziona l'illuminazione nella realtà e di creare nuovi modi di concepire e percepire la luce. Pensiamo alla simulazione di poteri speciali, come l'Occhio dell'Aquila di Assassin's Creed o la Modalità Detective della serie Batman Arkham. A volte, anche se il protagonista non dovrebbe essere dotato di poteri, si concede al giocatore una modalità visiva innaturale innestandola nel gameplay del gioco, come accade con l'istinto di sopravvivenza di Tomb Raider, in questi casi, per mettere in evidenza persone e oggetti utili con i quali interagire. A volte questa visione aumentata è implicita nel gioco: si dà al giocatore un potere visivo più ampio facendo divergere il suo punto di vista da quello dell'alter-ego digitale, come accade in The Last of Us.

L'occhio dell'aquila in Assassin's Creed L'occhio dell'aquila nella serie Assassin's Creed

La modalità detective di Batman Arkham La modalità detective nella serie Batman Arkham

La vista aumentata di The Last of Us In The Last of Us i protagonisti non sono dotati di poteri, ma il giocatore dispone di una visione del mondo aumentata.

Le possibilità offerte dal potere di riscrivere le regole della luce sono limitate solo dalla creatività umana. Pensiamo ai giochi di ombre in Limbo o ai colori di Okami. Oppure a qualcosa di assurdo: come apparirebbe un mondo di luce in cui i fasci emessi dal sole avessero l'effetto opposto che nella realtà, oscurando invece che illuminando? Forse qualcosa di simile, ma ancora più intenso, di quanto mostrato in The Unfinished Swan.

Screenshot di Limbo Le ombre e i colori oscuri di Limbo.

Screenshot di Okami I vivaci e luminosi ambienti di Okami.

Screenshot di The Unfinished Swan Lo spazio bianco che circonda tutto in The Unfinished Swan.

E quali possibili applicazioni ibride potrebbero prendere piede in conseguenza del successo della realtà aumentata? La possibilità di catturare persone e oggetti reali e simulati insieme, un po' come accade già adesso, anche se in maniera semplificata, in Pokémon GO.

La realtà aumentata di Pokémon GO

La composizione fotografica nei videogiochi

Nella fotografia virtuale, l'oggetto fotografico può diventare immateriale come la stessa fotocamera che inquadra i soggetti e i paesaggi innescando un processo di trans-individuazione con l'ambiente. Questo processo è evidente nei giochi in terza persona o in prospettiva. Siamo noi il personaggio che vediamo sullo schermo e del quale controlliamo le azioni, eppure nello stesso tempo osserviamo la sua rappresentazione fisica dall'esterno.

Nei videogiochi in prima persona l'esploratore diventa parte del gioco e la camera diventa, non più soltanto un oggetto "esterno" all'individuo, ma i veri e propri nuovi occhi del giocatore. L'unico grado di separazione tra oggetto e soggetto è dato dalla proiezione dell'immagine su uno schermo esterno alla percezione oculare. Questa separazione, però, diventa sempre più labile con l'evolvere della tecnologia, la stessa che sta dando vita ai caschi per la realtà virtuale.

Steam VR e la fotografia virtule I caschi per la VR potrebbero dar vita a una nuova generazione di fotografie virtuali.

Una differenza fondamentale tra la fotografia classica e la fotografia virtuale è che il mondo reale è rappresentato a risoluzione infinita, mentre il gioco ha una risoluzione limitata dalle capacità tecnologiche dei computer. Ma potenzialmente, un giorno, giocare a un videogioco potrebbe diventare l'equivalente cinematografico di entrare in Matrix, e non necessariamente una Matrix ricreata a immagine e somiglianza del nostro mondo.

Un'altra differenza è l'artificialità del mondo esplorato. Anche questo fattore, però, dipende dalla complessità del gioco e dagli algoritmi che regolano il suo mondo. Sappiamo bene che tutto ciò che troviamo all'interno del videogioco è stato messo lì da un "autore", ma può anche essere frutto di un certo grado di casualità. Ad esempio in No Man's Sky, i pianeti sono generati casualmente da un algoritmo per un totale di 18 quintilioni di possibili pianeti esplorabili. Supponendo per assurdo di scoprire un pianeta ogni secondo, ci vorrebbero comunque centinaia di miliardi di anni per visitarli tutti.

Pianeti di No Man's Sky In No Man's Sky i pianeti sono generati in maniera casuale

Le possibilità che potrebbe offrire l'esperienza videoludica nei decenni a venire è oltremodo eccitante. La fotografia nei videogiochi potrebbe diventare una vera e propria disciplina artistica grazie alla possibilità "divina" di congelare l'universo, non soltanto in senso figurato ma in senso pratico. Con la pressione di un tasto possiamo fermare il mondo per muoverci liberamente all'interno di esso, come se fossimo noi stessi una macchina fotografica che visiona ogni dettaglio alla ricerca di scatti unici e suggestivi.

In ogni caso, rispetto al mondo reale, il fotografo virtuale può spostarsi in un contesto narrativo dinamico, potendo diventare un fotoreporter dell'impossibile, perduto alla deriva in galassie fatte di materia artistica, potenzialmente infinite, plasmabili e modificabili a suo piacimento.