Capitani famosi e capitani coraggiosi @ Diario del Capitano #1

Capitano Jack Sparrow

Ahoy! Equipaggio, è il capitano che vi parla: issate la bandiera e mollate gli ormeggi, si parte!

Salve ciurma! Ma no, non in senso spregiativo: in fondo siamo tutti sulla stessa barca della vita, no? Forse, cari lettori, comincia a piacermi l'idea di considerarmi Capitano di questa imbarcazione digitale che punta dritto verso... Vediamo... Uhm...

Dicevamo: la direzione. A volte, navigare senza un itinerario designato, ti permette di puntare verso direzioni inattese e approdare su lembi di terra sconosciuti. Nella puntata introduttiva "Diario del capitano #0", avevo indicato la poesia in cui Walt Whitman si rivolge ad Abramo Lincoln in "O capitano, mio capitano", citata dal professor Keating nel film "L'attimo fuggente", o di come Morte si rivolge al Nameless One in Planescape: Torment, "What's up, chief?". Ah, e ricordatevi che quest'anno, a distanza di 18 anni, esce il suo seguito spirituale "Torment: Tides of Numenera".

Capitani dei videogiochi, del cinema e della cultura

Nella letteratura, nel cinema, nella musica, e ovviamente anche nei videogiochi, ci sono talmente tanti riferimenti a capitani più o meno famosi e più o meno coraggiosi, che stento a ricordarli tutti. I più piccoli penserebbero forse a capitan Uncino o capitan Jake. Al pubblico "nerd" verrebbe subito in mente capitan America o il capitano Kirk di Star Trek. Capitan Harlock? Ormai anche i più giovani dovrebbero conoscerlo dopo la trasposizione cinematografica in CGI realizzata nel 2013. Vogliamo parlare del capitano Jack Sparrow interpretato da Johnny Depp in "Pirati dei Caraibi"? Perché no, un tipo strambo, fuori dagli schemi, un pirata fuorilegge ma dal cuore d'oro. Nel 2017 tornato nella nuova pellicola Disney "Pirati dei Caraibi 5: La vendetta di Salazar". E poi ne vedo sempre almeno uno aggirarsi nelle fiere tra i cosplayer, o mi sbaglio?

Ma nel mondo dei videogiochi ce ne sono tanti. Penso subito a Edward Kenway, capitano della Jackdaw in Assassin's Creed IV: Black Flag, al Capitano Price, personaggio ricorrente della saga di Call of Duty, oppure allo spietato Albert Wesker, ex-capitano della squadra S.T.A.R.S. nella serie videoludica e cinematografica Resident Evil.

"Sono Guybrush Treepwood, temibile pirata!": vi ho beccati eh? Vecchiacci retrogamer. Ma con affetto: sono uno di voi. Però "Capitan Guybrush" suona strano, avrei dovuto citare il capitano pirata non-morto LeChuck, suo acerrimo nemico nella saga di Monkey Island ideata da Ron Gilbert. Anche lui sta per tornare con la nuova avventura: Thimbleweed Park.

Capitano Pirata LeChuck, antagonista principale della saga di Monkey Island LeChuck, capitano non-morto antagonista principale della saga di Monkey Island.

Ma se guardo alla letteratura penso subito al capitano Achab di "Moby Dick" (Herman Melville, 1851) o al capitano Nemo di "Ventimila leghe sotto i mari" (Jules Verne, 1870). Sapete, quel libro di Verne è stato il primo romanzo che ho letto, almeno da quanto ricordo.

Mi fu regalato; forse per torturarmi (non ricordo quanti anni avessi, ma ero piccolo), infatti lo trovai abbastanza pesante. Non mi arresi e lo completai come si completa a forza un difficile compito a casa assegnato dalla maestra. Eppure quel libro mi rimase impresso nella mente. Con il senno di poi, potrei considerarlo come la freccia di Cupido del mio amore verso il genere fantascientifico, o forse il primo marker rifrangente sull'itinerario culturale che ho perlustrato nella mia vita. Allo stesso tempo, credo mi abbia insegnato anche a masticare e digerire meglio certe letture più difficili, come trattati filosofici (materia che amo molto) e romanzi complessi e ricercati come "Il pendolo di Foucault" (1988) di Umberto Eco. Quest'ultimo impiegai mesi per leggerlo, ma che dico leggerlo: tradurlo e studiarlo, perché un lavoro di quel calibro, a meno di non esser nati tuttologi, è veramente duro da assimilare semplicemente sfogliando le sue pagine.

Captain Beefheart: il capitano pirata della musica

Ma torniamo ai nostri capitani.

Pensando alla musica, ai più giovani verrà sicuramente in mente "La canzone del capitano" di DJ Francesco aka Francesco Facchinetti. E siccome è venuto in mente anche a me, direi pure ai meno giovani. Ricordo che i bambini la adoravano, anche se io, a furia di sentirla sempre cominciai a detestarla. Se penso alla mia giovinezza, mi viene subito in mente "Captain Jack", una di quelle tracce inserite nelle compilation simil-HitMania dance, roba anni '90 che: toglietevi tutti ragazzi! Ok vostronori, ammetto la mia colpevolezza.

Ma, a dirla tutta, il primo personaggio che mi è balzato in testa, e che ho voluto conservare per ultimo perché, come ho ragione di credere, conosciuto soltanto da una platea ristretta di persone, è quel pazzo scatenato di Captain Beefheart, al secolo Don Van Vliet, eclettico genio musicale che, tra i tanti fantastici album realizzati, nel 1969 partorì il disco più fuori dalle righe del pentagramma che la storia della musica ricordi: "Trout Mask Replica".

Captain Beefheart: folle ed eclettico musicista, cantautore e pittore statunitense

Beefheart fu senza dubbio il capitano pirata della musica, e con quell'album riuscì letteralmente ad abbordare il mondo della melodia, depredandola, saccheggiandola delle sue regole e certezze assolute. Non con le maniere gentili: a cannonate, così come trattò i suoi musicisti: alla stregua di una marmaglia, feccia dei sette mari, anzi, delle sette note musicali. Volendo che la sua band si immergesse totalmente nel suo lavoro, Van Vliet rinchiuse la Magic Band in una minuscola casa in affitto, per otto mesi, impedendogli di uscire e avere contatti con l'esterno finché non avessero concluso tutte le registrazioni.

La band dormiva ammassata in una stanza minuscola mentre Beefheart riposava nella sua stanza personale. Si lavorava giorno e notte, a seconda del momento di ispirazione o della follia creativa del "Capitano". Frank Zappa, amico di Beefheart e produttore del disco, gli portò un registratore portatile per effettuare le incisioni in loco. La leggenda narra che le tracce furono catturate nei luoghi più improbabili: dalla camera da letto al bagno, ovunque Beefheart lo ritenesse opportuno, ovunque l'acustica gli risultasse più congeniale. Talvolta, costringeva i membri della band a suonare lo strumento isolati dagli altri, per poi mettere insieme i vari pezzi in un secondo momento, in sede di post-produzione.

Vi ho raccontato questa storia per ricordare a me stesso e a voi, miei cari lettori, che certi gesti, che possono apparire in un primo momento incomprensibilmente folli, talvolta hanno portato alla realizzazione delle opere più grandiose e visionarie della storia umana.

Friedrich Nietzsche: il capitano della filosofia moderna

Non credo si tratti di un caso che il mio filosofo preferito sia Friedrich Nietzsche.

Uno degli uomini più fraintesi nella storia, genio creativo e lungimirante uomo di cultura, Nietzsche venne rinchiuso in un manicomio subito dopo la faccenda del Cavallo di Torino, dalla quale il regista ungherese Béla Tarr tirò fuori, nel 2011, un film difficile, pesante ma altrettanto potente e brillante. Per chi non conoscesse la storia: nel 1889, subito dopo aver scritto due dei suoi lavori più belli: "L'anticristo" e "Ecce Homo" (1888), Friedrich stava passeggiando per le vie di Torino. D'un tratto, vedendo un cavallo frustato a sangue dal suo cocchiere, lo allontanò furioso, si avvicinò all'animale e lo baciò e abbracciò forte, piangendo e disperandosi per le sue sofferenze.

Friedrich Nietzsche: uno dei più grandi e visionari filosofi di tutti i tempi

Dopo, Nietzsche tornò a casa e pronunciò le famose parole: "Mamma, sono pazzo!". Si fece rinchiudere e passò gli ultimi anni della sua vita in un mutismo quasi totale.

Il filosofo e sociologo tedesco Georg Simmel, intese quel gesto come una volontà di fuga dalla modernità, ma io credo che Nietzsche sia "impazzito" perché logorato dalla sua solitudine, e soprattutto dalla frivolezza e crudeltà degli uomini che lui, il più cristiano fra gli atei, detestava, sognando un futuro abitato da uomini più elevati: gli oltreuomini.

Tra questi grandi capitani della storia e della cultura, io, che vorrei arrogarmi il diritto d'esser considerato un capitano, perlomeno in quest'umile sede digitale del web dove siete approdati, sono più che altro una maschera, un vecchio Capitan Fracassa della commedia dell'arte. Come quello accompagnato dal mio conterraneo Massimo Troisi nella pellicola del 1990 "Il viaggio di Capitan Fracassa" di Ettore Scola, regista scomparso nel 2016 e troppo poco menzionato e celebrato sui social network, gli stessi che tutti noi frequentiamo ogni giorno, e che proprio nel 2016 sono stati scossi, come certamente ricordiamo, dalla scomparsa di tanti personaggi del cinema e della cultura.

Ebbene, ciurma, se non vi siete ancora annoiati, se siete stati tanto "eroici" da seguirmi fino a fondo pagina, districandovi tra le varie digressioni, citazioni e talvolta stravaganti riferimenti che amo inserire nei miei articoli, ecco: mi rivolgo a voi, perché siete voi "i miei lettori, i miei veri lettori, i miei lettori predestinati".

Che importanza ha il resto? :)