Watch Dogs 2 e la privacy. La nostra vita tra internet e social network è a rischio?

watch dogs 2 dedsec artwork

La privacy è un aspetto sempre più importante delle nostre vite. Quanto siamo attenti ai nostri dati e come vengono utilizzati?

Nell'era delle telecomunicazioni vengono raccolte ogni giorno quantità enormi di informazioni su di noi, sui nostri gusti, sui luoghi che visitiamo e le persone che frequentiamo, soprattutto grazie a dispositivi mobile, vari sistemi di tracciamento come GSM e GPS e account su social network come Facebook e Twitter così come dalle ricerche effettuate ogni giorno su Google.

Ogni giorno vengono generati 2,5 milioni di GigaByte di dati personali tra testi, immagini e video personali, non solo online, ma anche girati da dispositivi di videosorveglianza. Un mini documentario realizzato da VICE in occasione dell'uscita di Watch Dogs 2, ci mostra alcuni modi in cui questi dati possono essere utilizzati da varie società e organizzazioni. Alcune aziende, ad esempio, cercano i messaggi da noi lasciati sui social media per parole chiave che possano stabilire se siamo in grado di pagare l'affitto o meno, oppure quanto siamo affidabili come creditori o debitori.

Sapevate che alcune aziende filtrano o verificano la veridicità dei curricula in base alle informazioni che riescono a trovare su internet, osservando social network, profili oppure commenti e articoli che abbiamo scritto in giro per il web?

La gestione e la manipolazione dei dati personali può essere molto utile, come accade con la profilazione pubblicitaria che consente di vendere certi tipi di prodotti mostrando agli utenti finali inserzioni il più possibile inerenti ai lori gusti.

Negli Stati Uniti e non solo ci si spinge oltre, verso un piano più alto di complessità come quello relativo alla gestione del crimine. Alcune organizzazioni che collaborano con la polizia o con agenzie per la sicurezza locale e nazionale tentano, attraverso l'utilizzo di complessi algoritmi, di capire quali sono le "zone calde" da tenere sotto controllo oppure quanto una persona possa avere tendenze criminali o recidive. In pratica rispondendo a: quante possibilità ci sono che quell'individuo commetta quel tipo di crimine in futuro?

Quello che era stato immaginato da Philip Dick in "Rapporto di minoranza", adattato poi per il cinema da Steven Spielberg nel 2002 in Minority Report, diventa ogni giorno sempre più verosimile. Tranquilli, siamo ancora lontani dall'instaurazione di un reparto Precrimine, ma la pericolosità del tema è più sottile e si annida nelle "piccole" cose.

Minority Report

Privacy e controllo delle masse

La seconda parte del documentario "User Profiled" si concentra su questo e su come l'inconsapevolezza degli utenti possa essere pericolosa: quante volte ci siamo registrati all'interno di un sito o social network senza leggere nel dettaglio e spesso neanche aprire la pagina dei termini e delle condizioni per la privacy? Siamo sinceri: sempre o quasi.

In taluni casi, questa noncuranza può mettere a repentaglio la nostra privacy rendendoci oggetto di scocciature come chiamate indesiderate e pubblicità invasive nella casella postale. In altri casi può essere molto peggio. A quel punto, tutto diventa un discorso etico di chi archivia e gestisce i dati personali, visto che, verosimilmente, nessuno di noi può leggere per ogni applicazione che installa o sito che visita, tutte le clausule contrattuali.

Un esempio? Secondo la commissione per il commercio federale degli Stati Uniti, prendendo in esame alcune app per cellulari dedicate a salute e fitness (avete presente?) le informazioni a loro fornite venivano inviate, senza autorizzazione, a 76 diverse società di terze parti.

Il tema del grande fratello è tornato centrale negli ultimi anni, sia nell'arte che nella cultura di massa, non solo ispirata alla produzione letteraria sci-fi distopica del passato, da 1984 di George Orwell in poi, che aveva predetto alcune tipologie di controllo delle masse, spesso con inquietante precisione, ma anche da fatti di attualità e cronaca relativamente recenti dai quali il cinema ha generato pellicole come quelle su Julian Assange, fondatore di Wikileaks ("Il quinto potere" diretto da Bill Condon, 2013) e sull'ex tecnico della CIA Edward Snowden ("Snowden" diretto da Oliver Stone, 2016).

Watch Dogs (2014) andava a inserirsi in questo contesto narrativo, ispirato al Datagate di Snowden e veicolando il tutto in una storia di vendetta per romanzarla e adattarla al formato videoludico. Watch Dogs 2 riprende il discorso cambiando protagonista (da Aidan Pierce a Marcus Holloway) e atmosfere (da Chicago a San Francisco).

Watch Dogs 2

In occasione dell'uscita del gioco, Ubisoft ha lanciato l'applicazione Predictive World che, catturando informazioni da Facebook e utilizzando un algoritmo predittivo basato su una ricerca del Psychometrics Centre dell'Università di Cambridge, calcola i nostri gusti e i nostri possibili comportamenti futuri. In questo caso, come ovvio, l'algoritmo è limitato rispetto a quelli delle grandi organizzazioni, ma è sorprendente notare come sia possibile intuire, con un semplice "Facebook connect", aspetti come il nostro status finanziario, le nostre tendenze culturali e intellettive, o le nostre abitudini come droga e fumo.

Proteggete i vostri dati, ma non siate maniaci

Per rincarare la dose, oltre all'utilizzo che viene fatto dai soggetti detentori dei nostri dati, dobbiamo anche temere continuamente i malintenzionati che vogliono impossessarsi di materiale archiviato sul cloud (fappening vi dice niente?) carte di credito e profili online. Restando nell'universo legato ai videogiochi, il caso eclatante rappresentato dai continui attacchi hacker al PSN di Sony è solo un esempio.

State attenti, ma non siate maniaci: gli estremi sono sempre uno sbaglio. Non dobbiamo scomparire dalla faccia della terra e neanche usare Tor per fare ogni cosa, come cercare l'ultimo gioco benedetto dal sacro tocco di Kojima.

Inutile tentare di nascondersi in un mondo che vive e respira in funzione dei social network, nel quale siamo sempre più parte di un mondo virtuale che si fonde al reale, continuamente osservati e giudicati dagli altri (ne parla efficacemente Black Mirror 3x01, "Caduta libera"). Ciò che possiamo fare concretamente è "condividere selettivamente" i dati, usando coscienziosità e prudenza, imparando a condividere la giusta dose delle nostre vite e proteggendo ciò che potrebbe essere usato contro di noi. Un buon inizio potrebbe essere quello di impostare sempre password complesse e diverse per i nostri account, magari aiutandoci attraverso l'utilizzo di tool specifici come LastPass e cercando di usare carte di credito virtuali, prepagate o con limiti di sicurezza pre-impostati.

Ah, e magari evitiamo di scrivere proprio "tutti" i cazzi nostri su WhatsApp e Facebook.