I videogiochi fanno danni mortali, trasformano in killer

Libero: maniaci del videogioco vanno curati

La strage getta nuova luce su questa pericolosa "malattia". Il videogame fa danni mortali.

"David Katz, 24 anni, stava partecipando a un torneo di Madden NFL, un gioco di calcio virtuale". Esordisce così Costanza Cavalli su Libero.

Evidentemente, la nostra valorosa giornalista, non ha avuto tempo sufficiente neanche per per cercare "Madden NFL su Google" e leggere la prima riga della descrizione offerta da Wikipedia sul gioco: "Madden NFL è una serie di videogiochi sportivi riguardanti il football americano sviluppata e prodotta da Electronic Arts".

È comprensibile. Probabilmente era già stata enormemente provata dagli sforzi elucubrativi indotti dalla scelta di titolo, occhiello e sommario dell'articolo pubblicato sul quotidiano Libero il 28 agosto 2018. Potete leggerli nella foto in cima all'articolo.

Proprio così, consolle; con due elle naturalmente. Peccato che in italiano il termine venga usato per indicare lo strumento usato dai DJ per suonare, mentre per indicare l'altro strumento (mortale), quello dedicato ai videogiochi, tutto il mondo (a quanto pare, non lo stesso mondo in cui vive l'autrice) utilizza la variante francese "console".

Ma lasciamo perdere queste gaffe e proviamo a entrare nel vivo della questione.

Certo, è dura. Siamo soltanto al titolo e già provo una'indefinita sensazione di dolore psico-fisico che mi travolge. Ma devo farmi forza e continuare. È evidente che chi ha scritto il pezzo non ha la più pallida idea di cosa stia parlando, e di cosa siano i videogiochi, ma proviamo a non essere altrettanto superficiali facendoci fuorviare dal titolo...

Dopo un breve excursus sulla tragedia di Jacksonville, Florida, durante la quale hanno perso la vita 3 persone, la Cavalli titola "UNA VERA EPIDEMIA", come quella degli zombi. Giuro, ha usato davvero la parola zombi. Ma andiamo con ordine...

«Assumono droghe, alcol, non si alzano neppure per andare in bagno e si dimenticano di badare ai figli. E ogni tanto, ammazzano pure la gente», poi cita l'inclusione della dipendenza da videogiochi nella Classificazione Internazionale delle malattie dell'OMS. Ancora un errore: la dipendenza da videogiochi è stata inclusa dall'OMS, certo, ma soltanto in una versione non finale del documento. Tant'è vero che la discussione sulla correttezza della sua definitiva inclusione è ancora in corso.

Ovviamente la Cavalli cita soltanto le fonti a favore della sua tesi secondo la quale i videogiochi sarebbero una malattia, una fabbrica di potenziali killer psicopatici, evitando accuratamente di citare le dichiarazioni del dottor Anthony Bean, psichiatra e direttore esecutivo di Telos Project, secondo il quale «il gaming compulsivo potrebbe essere soltanto un disturbo secondario associabile a una diagnosi primaria di ansia e depressione». Oppure l'avvertimento dell'ESA: «Gli esperti di tutto il mondo chiedono cautela sull'inserimento della dipendenza da videogiochi nel documento finale ICD-11. Le ricerche a supporto sono altamente contestate e inconcludenti. Non esistendo prove mediche oggettive, tale definizione potrebbe portare a un'errata diagnosi di reali patologie mentali».

Dimentica altresì di citare gli accertati effetti benefici dei videogiochi sul cervello, come la stimolazione della memoria, del pensiero induttivo, delle migliorate capacità di calcolo e coordinazione oculo-motoria.

Videogiochi, una dinamo per l'aggressività

Invece di concentrarsi sul perché negli Stati Uniti sia così facile acquistare un'arma da fuoco, anche per una persona affetta da evidenti disturbi che prescindono i videogiochi, preferisce emettere una sua personale diagnosi psichiatrica: «La strage getta nuova luce su questa malattia. il videogame entra nella realtà e fa danni mortali, dimostrando di non avere più niente di virtuale. Il videogioco genera tensione, il giocatore la scambia per eccitazione. Siamo talmente annoiati che il videogame diventa una specie di dinamo che carica di aggressività chi ci gioca».

Attenzione, nessuna fonte, nessuno studio a sostegno della sua improbabile tesi. Certo, visto che non ne esistono e probabilmente mai ne esisteranno. Possiamo solo limitarci a supporre su cosa possa accadere nella mente disturbata di alcuni soggetti a rischio. Ovviamente nulla che possa essere direttamente collegabile ai videogiochi in quanto tali, così come con cinema, anime o qualsiasi altra forma d'arte accusata in passato.

Questa non è serietà. Non possiamo lasciarci trasportare emotivamente da singoli eventi di cronaca, altrimenti potrei affermare con altrettanta certezza la tossicità dalla Chiesa Cattolica: fabbrica di pedofili disadattati e stupratori; anzi, la pericolosità di tutte le forme di religione, in particolare l'Islam, setta di terroristi kamikaze senza scrupoli.

Ma la Cavalli non si arrende e attacca pure i cosplayer: «I giocatori si travestono, interpretano un personaggio, non si lavano per giorni, si sparano con armi finte, vengono inseguiti da attori-giocatori travestiti da zombie, a volte lo diventano anche loro».

Non ancora pienamente soddisfatta se la prende anche con il Comitato Olimpico Internazionale: «il 28 ottobre 2017, ha scritto che i videogiochi competitivi possono essere considerati attività sportiva. Sarà l'unica disciplina che induce all'atrofia».

Siamo tutti matti. Chissà se erano tutti videogiocatori incalliti gli autori delle 154 sparatorie di massa in USA nel solo 2017, che hanno causato quasi 7.000 morti e oltre 13.000 feriti.