Game Awards 2016: cronaca di lacrime e sangue color pece

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Momenti esaltanti accompagnati da altri noiosi e ridondanti, il bello e il brutto dei Game Awards 2016.

La partenza scoppiettante dei Game Awards 2016 con la consegna del premio Industry Icon alla leggenda del game design Hideo Kojima immediatamente seguito dal fantasmagorico nuovo trailer di Death Stranding, ci ha catapultati in anticipo direttamente alla notte dei botti di capodanno. Boom! Buon anno a tutti, buon appetito con il trailer servito su un piatto di ardesia da Kojima-san in persona, in real time direttamente dall'engine del gioco e accompagnato da una spruzzata abbondante di liquame nero pece, e un Mads "Hannibal" Mikkelsen antieroe sporcato da una melma che pare aver corrotto uomini e macchine e mescolato insieme carne e metallo. Cos'è? Cos'è questa "morte incagliata" che aleggia sul gioco? Cosa sono quegli "strands" (fili) che legano Mikkelsen a quei terrificanti soldati non-morti? Lo sapremo forse nel 2020, quando il gioco uscirà su PS4 e PS4 Pro in 4K.

Mads Mikkelsen in Death Stranding di Hideo Kojima

Non poteva cominciare meglio il Game Awards 2016, più importante evento di gala annuale dedicato ai videogiochi: la Notte degli Oscar videoludici condotta, come sempre, da Geoff Keighley. Il Microsoft Theater di Los Angeles, teatro dell'evento di quest'anno così come dell'anno precedente, è andato subito in visibilio insieme alle centinaia di migliaia di persone che, in diretta streaming mondiale, hanno seguito lo show.

Riflettendo sui mille significati, riferimenti iconografici, cinematografici e letterari possibilmente sgorgati dalla testa di Kojima sottoforma di materia videoludica, veniva riproposto il trailer del film di Assassin's Creed con Michael Fassbender e Marion Cotillard, giusto per tenere alta l'attenzione e ricordarci che, mai prima d'ora, i videogiochi e il cinema vivono il loro periodo di maggior congiunzione ideologica.

Arrivano i premi. Vince INSIDE per la Miglior Direzione Artistica: la recensione del gioco attesta appieno quanto lo abbia meritato. Poi è la volta di DOOM come Miglior gioco d'azione. Ma è quando Ryan Verde, autore di That Dragon, Cancer, sale sul palco e viene sopraffatto dall'emozione per il premio Games for Impact, che capiamo quanto il mondo dei videogiochi sia cambiato, maturato come forma d'espressione e fenomeno sociale. La densità di significato del suo gioco autobiografico, che racconta la terapia, le speranze, le illusioni e la sofferenza di genitore nella lotta contro il cancro del figlio Joel, morto a soli 5 anni per un tumore al cervello, si scioglie attraverso le sue lacrime di miele, su quel palco, tra gli applausi e il nostro silenzio impotente. Ecco qual è la forza racchiusa nei videogiochi.

La noia purtroppo non manca, soprattutto a causa di tempi morti, continue pubblicità di cose già viste e momenti musicali non proprio esaltanti ma forse necessari per tenere in piedi la baracca dal punto di vista economico. Tristemente, ce lo aspettiamo da uno show di questo tipo, così come ce lo aspettiamo dalla Notte degli Oscar che da tempo ci ha abituati a non esser mai soddisfatti al 100% dei premi assegnati. Così vanno le cose, ma che tristezza veder ridotti ai minimi termini i momenti toccanti ed esaltanti, intercalati da decine di product placement e macchiette; un capitalismo che avvolge con i suoi advertisement tutto ciò che davvero vorremmo vedere: l'arte, il cuore, il sentimento dell'industria fatta di videogiochi fantastici che ci fanno vivere momenti indimenticabili.

Mentre scorrono sullo schermo il lungo video gameplay di Prey, il nuovo trailer di Mass Effect: Andromeda o l'anteprima di The Legend of Zelda: Breath of the Wild, vincitore anche del titolo di Gioco più atteso dell'anno, torna un sorriso accompagnato da qualche riflessione sul chi vinse, nel 2015, lo stesso premio: quel No Man's Sky che tante polemiche ha generato e tanto ha influenzato la percezione dell'hype nel mondo dei videogiochi.

L'immenso, variegato e talvolta ambiguo mondo dei videogiochi è anche questo. Ma noi continuiamo ad amarlo, nel bene e nel male; e continuiamo a seguirlo perché in fondo ci piacciono quelle emozioni, quelle contraddizioni, quell'hype che ci trascina in speranze e sogni che talvolta vengono infranti. Esattamente come accade nel gioco della vita.