Death Stranding: la rinascita dell'Homo Ludens

Death Stranding Norman Reedus Look

I'm back!

Hideo Kojima è senza dubbio uno dei game designer più conosciuti e interessanti della storia e gli eventi degli ultimi due anni lo confermano in pieno. Un autore ambiguo, estremamente colto in materia di cinema e letteratura; persino un po' troll. Ricordare il "vuoto" che lo ha circondato l'anno scorso, quando Konami decise di allontanarlo come se fosse il peggiore dei mali, non è mai piacevole. Non poter leggere il suo nome sulla copertina di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, al netto della sua "presenza" avvertibile in ogni angolo del gioco, è stato davvero drammatico.

Sono fermamente convinto che Konami abbia imposto dei limiti a Kojima nel corso del tempo, anche perché con un budget di oltre 80 milioni di dollari non si scherza. Ma l'ultimo viaggio di Big Boss doveva dare molte più risposte di quelle che, alla fine, sono state fornite. Il chiacchieriatissimo video della missione 51 è stato una mezza presa in giro, seppure molto più risolutivo di quello originariamente scelto (da Kojima o da Konami, non ci è dato saperlo). Una volta archiviato Metal Gear Solid e dando per assodato che, se la saga dovesse andare avanti senza il suo creatore, perderebbe di certo quel grande e inafferrabile tratto che solo i grandi artisti sanno delineare.

Death Stranding: è ora di andare avanti...

Ascoltare la caratteristica voce di Andrew House annunciare la partnership tra Sony, Kojima ed il redivivo studio di sviluppo Kojima Productions, ovviamente in veste di third party, è stato quasi rassicurante. Innanzitutto perché è palese il rapporto strettissimo che dopo anni di collaborazioni lega lo sviluppatore giapponese e il marchio PlayStation, e poi perché non è un segreto che quest’ultimo creda moltissimo nella libertà creativa, soprattutto avendo a che fare con autori di grande rilievo, vedi, ad esempio, i ragazzi di Naughty Dog.

Conoscendo Hideo Kojima, però, è lecito aspettarsi una gestazione lunghissima, assolutamente non travagliata per i motivi sopra elencati, ma comunque particolarmente diluita nel tempo. Bisogna anche dire che ci ha stupiti un po’ tutti, quando salendo sul palco della conferenza Sony dell'E3 2016 per annunciare Death Stranding , ha pronunciato il suo fiero e furioso: “I'm back!”.

Il trailer, neanche a dirlo, è davvero misterioso e ricco di simbolismo, tanto da far impallidire il primo storico trailer di The Phantom Pain a cura dei fantomatici Moby Dick Studio. Permettetemi, quindi, di fare un'analisi per voi e per me stesso. Anche perché il nome di Kojima va spesso e volentieri a braccetto con la parola “speculazione”, oltre al fatto che può essere divertente fantasticare su un titolo di cui non sappiamo (e forse nemmeno il suo creatore sa) praticamente nulla di concreto.

Death Stranding: trama e analisi del trailer

Partiamo dalla colonna sonora di Low Roar, la “one man band” di Ryan Karazija, musicista islandese dedito al synth pop, che è indubbiamente qualcosa di autoreferenziale: Hideo Kojima ci ripete "I'll Keep Coming" perché, nonostante gli screzi con Konami e la volontà della sua famiglia, non ha mai pensato di abbandonare il mondo dei videogiochi. Insomma, un po’ come nel caso del primo trailer di MGS V accompagnato da "Not Your Kind of People” dei Garbage, anche con Death Stranding Kojima porta lo spettatore al dialogo fittizio con la sua persona e il suo subconscio, calcando la mano sulla sua dote di autore e comunicatore.

Il trailer si apre con una frase di William Blake:

"To see a world in a grain of sand. And a heaven in a wild flower. Hold infinity in the palm of your hand and eternity in an hour"

Che letteralmente in italiano sta a significare:

"Per vedere il mondo in un granello di sabbia. E il paradiso in un fiore selvaggio. Tieni l'infinito nel palmo della tua mano e l'eternità in un'ora".

Per chi di voi non lo sapesse, William Blake non è stato solo un poeta, ma anche un prolifico pittore e illustratore: l'immaginazione per Blake era lo specchio stesso dell'umanità e più di una volta ha avuto a che fare, sia in ambito accademico che pittorico, con i testi sacri, in particolar modo con L'Antico Testamento e Il Libro Di Giobbe.

Il brano è tratto dal poema "Auguries of Innocence", un lavoro molto particolare basato sul concetto di paradosso e che pone una sottile linea tra innocenza e corruzione, tra bellezza e malignità. Quello che voglio dire, dividendo le nozioni apprese da questa breve introduzione, è che potremmo sicuramente ipotizzare, a grandissime, enormi linee, almeno un abbozzo di setting concettuale.

Blake parla di infinito ed eternità, due concetti cari sia alla scienza che ai testi sacri. Anche per questo, probabilmente, un'ambientazione in un futuro post apocalittico è un buon inizio da cui partire, senza escludere la tematica dei viaggi nel tempo e dell'azione. Su quest'ultimo elemento, infatti, Kojima ha già dichiarato che a suo parere il gioco soddisferà gli appassionati di The Division e Uncharted 4.

Norman Reedus Death Stranding

Ma della scelta di Norman Reedus come protagonista ne vogliamo parlare? Una frecciatina poco velata a Konami, nonché omaggio al promettente ma defunto Silent Hills. Non si tratta del tipico personaggio belloccio e perfetto, ma di un uomo maturo, dalla grossa fisicità e dal volto estremamente segnato. Volevo parlare di Reedus prima di introdurre alcuni "indizi" chiave, tra i quali, prima di ogni cosa, ci sono le "manette futuristiche" e il bambino che prende le sembianze dall'inquetante bambola Lu.

Le manette potrebbero rappresentare il simbolo di un'umanità ormai schiava, probabilmente Dei malevoli e perfidi che giocano a decimare sia la popolazione che le risorse naturali (un esempio sono le macchie, molto simili al petrolio, sulle mani del protagonista). Il bambino potrebbe essere portavoce del tema della speranza, in una sorta di rinascita molto simile al film "I figli degli uomini" di Alfonso Cuaron. Una resurrezione alla quale è difficile appigliarsi se non combattendo, basti pensare alla sparizione improvvisa del neonato durante il pianto di Reedus.

Le impronte sul corpo di quest'ultimo sono forse l'elemento più inquietante del trailer, una sorta di ricordo delle persone perse o addirittura un imago mortis scolpita nella carne del protagonista, che tra l'altro ha anche un tatuaggio sull'avambraccio destro al momento illegibile. Si tratta di un semplice abbellimento o di un segno del suo tragico passato? Kojima ci ha insegnato che nei suoi lavori nulla è lasciato al caso, ma pensandoci, potrebbe anche stare a significare un bel niente.

Dato che ormai siamo dalle parti della speculazione estrema, perché non continuare ad abusarne? Pure le balene e i granchi sono due elementi presenti nei testi sacri, e le cinque entità che si stagliano nel cielo, quasi a sfidare il nostro protagonista, fanno subito pensare che la religione, intesa dal punto di vista degli stilemi e dei rituali, sarà una tematica predominante in Death Stranding. E arrivati a questo punto resterei deluso se non fosse così: nessun autore più di Kojima è in grado sdoganare nei videogiochi, inconsueti elementi narrativi che nella maggior parte dei casi sono considerati dei veri e propri tabù.

In questo senso, anche che la morte è una costante del trailer. Norman Reedus è letteralmente al centro di un cimitero a cielo aperto, dove balene, pesci e granchi giacciono spiaggiati e inermi, ricordando alcune grandi tragedie misteriose che hanno afflitto l'umanità: penso alla misteriosa moria di cuccioli di balena in Argentina nel 2010 e allo spiaggiamento di trenta cetacei sulle coste dell'Alaska nel 2015.

Ludens Kojima Productions

Insomma, come vedete c'è tantissima carne al fuoco. O magari mi sto lasciando sopraffare dall'immaginazione? È un gioco perverso che mi spinge ad andare sempre più a fondo.

E allora parliamo di Ludens. La nuova "mascotte" di Kojima Productions deriva da Homo Ludens, ovvero un testo di Johan Huizinga che vede il gioco al centro della cultura e del fondamento di ogni organizzazione sociale. Ma Ludens è anche il nome dell'organizzazione segreta del libro di fantascienza "The Time Wanderers" dei fratelli Strugatsky, famosi per "Picnic sul ciglio della strada" da cui è tratto il film "Stalker" del regista russo Andrej Tarkovskij.

Tutti questi elementi mi portano a pensare alla presenza di tematiche sci-fi collegate al tema dei viaggi nel tempo. Ma bisogna unire altri due puntini importantissimi per rendere questa "pista" più credibile: le due "dog tag" che il protagonista porta al collo riportano rispettivamente l'equazione di Dirac, che teorizza l'esistenza dell'antimateria, e il raggio di Schwarzschild, che è collegato all'argomento dei buchi neri.

Dato che non sono un fisico, pur provando a capire la teorizzazione di queste due formule, sono giunto a poco e nulla, perciò vi rimando alle informazioni presenti su Wikipedia:

E se le piastrine servissero come una sorta di memento per il personaggio di Reedus e non fossero altro che delle formule per il viaggio nel tempo o per attraversare dimensioni parallele? D'altronde la natura del primo trailer di Death Stranding, pur rimanendo un semplice assaggio di quello che verrà, si presta tantissimo a queste teorie che in altre sedi definiremmo con parole certamente meno lusinghiere...

Dopo questa bella infarinatura di nozioni, non si può che essere sempre più confusi e curiosi nei confronti del nuovo lavoro di Hideo Kojima. Sicuramente, durante tutto il lungo arco dello sviluppo, esattamente come accaduto con l'immenso Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, avremo delle risposte.

Fino a quel momento possiamo sbizzarrirci e chiacchierarne appassionatamente insieme!