Stampa contro YouTube, il caso PewDiePie - opinione

La stampa attacca PewDiePie e lo youtuber risponde duramente. L'informazione sul web tra titoli clickbait e marchette su YouTube.

"The Verge, Variety, Polygon, Recode, Mashable [...] prendono qualcuno di popolare come me riportando una storia di successo e infangando il suo nome. Molti di questi articoli terminano con «Siamo in attesa di una risposta di PewDiePie in merito»". Io non ho bisogno di voi, ho un pubblico e posso parlare direttamente a loro. Siete del tutto insignificanti, ed è per questo che sparate cazzate per fare click. Questa è la mia risposta".

Queste le dure parole di PewDiePie, all'anagrafe Felix Kjellberg, accreditato da Wikipedia come comico e produttore video famoso per il suoi Let's Play e Vlog su YouTube. Di recente "Pewds" si è scagliato contro siti noti nell'ambiente come Polygon e The Verge, rei di aver utilizzato il suo nome come espediente per racimolare click. Nel suo video di risposta, il famoso youtuber svedese mostra tutta una serie di reazioni, in particolare su Twitter, dove gli utenti, dopo aver letto gli articoli incriminati, gli contestano di essere stato pagato per dare giudizi positivi su L'Ombra di Mordor.

"Io non ho fottutamente bisogno di voi. Siete del tutto insignificanti". Se queste parole le avesse pronunciate una persona qualsiasi, beh, lascerebbero un po' il tempo che trovano. Ma non è così. PewDiePie non è soltanto uno youtuber, è un fenomeno di massa, è un influencer di quelli forti; uno dei più forti sulla scena videoludica e decisamente il più forte su YouTube a livello mondiale.

Il canale "PewDiePie" conta quasi 50 milioni di iscritti e il solo video in oggetto conta circa 7 milioni di visualizzazioni e oltre 33000 commenti in una sola settimana. Per quanto possano essere popolari (e lo sono) i siti criticati dallo youtuber, stiamo parlando di un seguito di persone spropositato.

C'è anche un altro fattore da considerare: le accuse che gli sono state rivolte erano false; e sarebbe bastato davvero poco per accertarsene. Infatti PewDiePie aveva scritto chiaramente nella descrizione: "Questo video è stato sponsorizzato da Warner Bros.", anche se alcuni gli contestano di non aver messo l'avviso "above the fold", termine che deriva dal gergo giornalistico e indica un contenuto messo nella parte più alta della pagina, quindi immediatamente visibile dall'utente.

PiewDiePie: The Verge, money from Warner Bros.

Pewds restituisce tutte queste accuse ai mittenti affermando che non era tenuto a farlo e, in ogni caso, da tempo ha deciso di specificare tutte le sponsorizzazioni sia all'interno dei video che immediatamente sopra le loro descrizioni, a differenza di molti altri utenti YouTube. The Verge, tanto per aggravare la situazione, aveva associato questa vicenda a un'altra della quale vi avevamo parlato in precedenza: quella del gioco d'azzardo con gli oggetti di Counter-Strike messa in piedi da altri famosi youtuber.

Alla fine il polverone si è dissolto con un accordo tra Warner Bros. e la Federal Trade Commission(FTC), agenzia americana per la difesa dei diritti dei consumatori. Ad aver sbagliato, infatti, è stata soprattutto Warner Bros., che aveva sottoposto una clausula di divieto di menzione per eventuali bug o problemi del gioco ambientato nel mondo immaginario di J.R.R. Tolkien.

Ma è davvero tutto finito?

La guerra dell'informazione sul web

Questi recenti accadimenti fanno emergere tante criticità correlate al mondo dell'informazione su internet, tutte molto concrete e interessanti. Da una parte abbiamo la stampa più o meno specializzata che spesso utilizza, per velleità o necessità a seconda dei casi, titoli clickbait contenenti nomi di personalità di spicco o accadimenti altisonanti, spesso fuorvianti, per incitare gli utenti a visitare le proprie pagine.

In secondo luogo abbiamo la crescente influenza degli youtuber nel panorama informativo e divulgativo mondiale, in particolar modo quello videoludico. Non è una notizia che tantissimi, in particolare i più giovani, utilizzino sempre più la nota piattaforma di video per informarsi sui videogiochi, anche se alla fine della giornata pare che i gamer preferiscano ancora affidarsi alle critiche della stampa specializzata piuttosto che alle opinioni di youtuber e streamer.

Lo stesso PewDiePie afferma: "Tutti mi definiscono un recensore, ma io non sono un recensore". Il caro Felix (Kjellberg!) sa certamente bene che quello del recensore non è un mestiere facile e richiede tutt'altra competenza rispetto a quella del comico o videomaker. Tralasciando per un attimo le disamine su quanto guadagna o non guadagna un autore e critico che tratta di videogiochi rispetto ad autori che operano in altri settori, resta il fatto che parlare bene di videogiochi non è facile.

Certo, alla prima occhiata di un estraneo al settore, già a partire dal nome "gioco" è facile pensare che si tratti di qualcosa che pure un bambino potrebbe analizzare. Molti youtuber che si proclamano esperti e intrattenitori ma paiono dei clown non facilitano la situazione. Soprattutto in Italia, ancora qualcuno stenta a riconoscere i meriti di questa forma d'arte meravigliosa che è il videogioco e ancor di più della complessità che si cela dietro le sibilline righe di codice che costellano un ermetico universo fatto di artisti, disegnatori, designer, scrittori, compositori... e si potrebbe continuare per chilometri, perché tanto sono lunghi i titoli di coda di taluni videogiochi moderni.

Stampa vs Youtube: PewDiePie e l'Ombra di Mordor

Ma sapete cos'è ancor più difficile? Guardarsi allo specchio e ammettere le proprie colpe. Perché tirando le somme, nessuno, assolutamente nessuno ci costringe a subire passivamente il mondo che ci circonda. Aristotele diceva nella Politica: "I popoli hanno i governi che si meritano", e dopo oltre 2500 anni non gli si può ancora dare torto. Manipolando questa frase a nostro uso e consumo possiamo affermare che "I lettori hanno la critica che si meritano".

Perché ogni volta che accettiamo articoli dozzinali, notizie messe su alla bell'e meglio con traduzioni senza capo né coda e critiche di mediocre valenza e significato, permettiamo a quella mediocrità di prosperare. Idem con patate per certi youtuber che si trovano sulla piattaforma solamente per scucire soldi agli utenti e non per offrire un servizio agli utenti. Questo è il fulcro della questione. Essere sponsorizzati, se lo si chiarisce, non è un delitto e non è tanto diverso dagli spot pubblicitari dei personaggi famosi che vediamo in TV (anzi, è molto più sensato).

Neanche gli operatori del settore possono definirsi innocenti nel momento in cui decidono di scendere a compromessi inaccettabili senza curarsi della propria integrità e responsabilità, talvolta addirittura mentendo e raggirando i loro "follower". Perché un autore, un critico, uno youtuber e direi qualsiasi persona che abbia come obiettivo implicito del suo lavoro quello di farsi seguire e in qualche modo "influenzare" le persone che lo seguono, non può non tenere conto delle proprie azioni. Troppo comodo, anzi, vile.

La guerra fredda tra la vecchia guardia, rappresentata dalla stampa specializzata, e l'influenza crescente degli youtuber, è una battaglia senza veri vincitori e un'unica fazione perdente: i lettori. Poiché non importa che tu faccia contenuti scritti o visivi, che tu sia un critico o un intrattenitore, la prima e impareggiabile regola che dovrebbe spingere tutto ciò che gira intorno al mondo dell'informazione e dell'intrattenimento è: lealtà assoluta e incondizionata verso i lettori e gli spettatori.